Ho letto “Le chiavi della malattia”, trattato teorico pratico di Anteoresi, di Joaquin Grau (un autore che proviene dal settore della ricerca parapsicologica, molto informato quindi sui processi mentali sincronici subliminali e della percezione extrasensoriale), con lo stesso piacere di quando leggo un racconto di fantasia, che è tutto dire per un trattato in genere molto noioso, appena superato però il disagio iniziale delle numerose sigle che intercalano il discorso a ogni piè sospinto e provvidenziale, a questo proposito, il segnalibro con l'indice spiegato di tutte le sigle utilizzate., a questo proposito, il segnalibro con l'indice spiegato di tutte le sigle utilizzate.
Ultimamente mi sto dedicando alla
ricerca di quegli autori che cercano di illuminare il mistero della genesi
delle malattie umane da prospettive diverse, sia da quelle della scienza medica
ufficiale ancora fortemente impregnata della separazione cartesiana mente-corpo,
sia da quelle della cosiddetta medicina alternativa che comporta tempi
rieducativi molto lunghi. Diversa anche, se pur in qualche aspetto consonante,
da quella del settore della psicologia del profondo nota col nome di
psicosomatica, cui appartengo, che questa separazione cerca di abbattere,
avendo chiaro in mente che l'essere non può che essere uno in tutte le sue
manifestazioni. Il mistero di questa genesis è infatti nascosto nel mistero più
grande della vita di cui la malattia costituisce il segno e insieme il simbolo
perturbatore. Malattia dal latino malum, avverso, in questo caso, al bene
dell'essere, cioè al benessere. Ma, e qui è il punto, è la malattia stessa la
causa del malessere che sarebbe come dire che la malattia è causa di se stessa,
come pensa la medicina convenzionale con una palese tautologia, o la malattia
interviene con una evidente finalità “riparativa” su un avverso, un malessere
che si è posto anteriormente alla malattia? Discorso questo che vale ovviamente
sia per le malattie psichiche per cui sembra più comprensibile, ma anche per le
malattie fisiche, organiche. E dove può collocarsi questo misterioso malum che
si cela nel mistero più grande della vita se non nella stessa matrice della
vita rappresentata dal grembo materno, in cui il nuovo individuo sperimenta la
sua nascita come un “morire alla vita”? È questa la tesi dell'autore che si
rivela nello stesso nome dato alla sua terapia: “Anateoresi” che vuol dire
tornare a rivivere il passato, persino, in questo caso, quello più remoto
costituito dal vissuto intrauterino, dove inevitabilmente si annidano gli
impatti analogici traumatici (IAT) i cui cumuli (CAT), formandosi nel corso di
tutto lo sviluppo pre e post-natale, sono forieri di tutte le malattie che
minacciano la nostra salute psicofisica. Questa “riesumazione terapeutica”
viene ottenuta attraverso un transfert contemplativo realizzato con una
particolare forma di induzione ipnotica regressiva a onde theta,
caratteristiche ad esempio anche dello Stato ipnagogico legato all'emisfero
destro, un particolare stato di coscienza caratterizzato da alta emotività e
creatività.
Joaquìn Grau tiene giustamente a
distinguersi dall’ipnoterapeuta a induzione regressiva profonda, tecnica
utilizzata all'inizio e presto abbandonata dallo stesso Freud, perché restando
il paziente in stato di completa o relativa incoscienza, cioè di impossibilità
elaborativa, presentava risultati effimeri al di là dell'effetto sensazionalistico
del momento dovuto alla abreazione della carica istintuale rimossa; per non
parlare delle regressioni alle cosiddette vite precedenti, che l'autore però
utilizza esclusivamente come test proiettivo riguardo le vicende della vita di
qua. Per questo l'autore, pur criticando il paradigma scientifico attuale,
cerca di ancorare la sua visione ai risultati più consolidati delle scoperte
scientifiche in materia di cervello, soprattutto per quanto riguarda le
funzioni emisferiche e le onde cerebrali. Il risultato è una semplice, e per
questo geniale, teoria del funzionamento della mente, quindi sulle possibilità che
da questa ne derivano di curare i suoi mali (corpo compreso), traslando, quasi
per forza di cose, a visione globale dell'uomo e della vita. Ma cercare la
causa del male attuale risalendo indietro nel tempo fino alle più remote
origini non è una novità, perché ha costellato tutto lo sviluppo della
psicoanalisi fin dai suoi esordi, questo Grau lo sa bene, ma sa che in questo
suo movimento anateoretico la stessa psicoanalisi non ha mai oltrepassato la
soglia del “trauma della nascita”, anche se non in senso assoluto, diversi suoi
illustri autori lo hanno fatto e hanno indicato come l'epopea uterina sia ben
lungi dall'essere considerata quell'eden di pace e amore come siamo stati
abituati a credere: diversi eventi luttuosi, guerre, catastrofi piccole e
grandi, reali o immaginarie, lo costellano minacciando il futuro figlio
dell'uomo. Ma queste voci, oltre a restare singolari, non si sono mai spinte a
tirare le conclusioni, come coraggiosamente ha fatto il nostro autore con una
sintesi originale che fonda il rapporto mente-corpo nella matrice materno-uterina,
dove si manifesta questa sottile percezione dell'essere in statu nascendi,
tipica di uno stato di coscienza globale e sovrasensibile, che la coscienza
focale e parcellizzata della “cultura beta” dominante finisce poi per
stigmatizzare e finalizzare nell'inconscio psichico e corporeo più profondo
come “biografia occulta”.
Il testo è corredato della fedele meticolosa
trascrizione di 49 sedute anateoretiche, in cui il paziente è condotto alla
rievocazione dell'evento traumatico centrale vissuto a livello intrauterino, non
attraverso il ricordo, ma attraverso un vivenciar, termine che ritengo una
delle più belle invenzioni dell'autore, che vuol dire rivivere il fatto
concreto, l'impatto, in tutta la sua potenza emozionale e che non ha niente a
che vedere con l'immaginazione eidetica, nota per lo più come memoria
fotografica comune nei bambini e negli adolescenti. “Questi cumuli analogici
traumatici- dice l'autore- vanno a configurarsi in una topografia di vette
ascendenti che salgono in cerca di un cielo dove esplodere”.
La terapeutica anateoretica, che
nonostante le somiglianze differisce anche dalla tecnica dei “sogni da svegli guidati”
di Robert Desoille, si pone allora come “cielo” in cui gli stessi cumuli sanno
di poter esplodere non distruttivamente ma creativamente, con una liberazione
dalla loro imperiosità patologica. Al di fuori di ogni intento di ordine ideologico
o religioso estraneo all'autore, sono infine da segnalare tra le pagine più
belle del libro quelle che si riferiscono alla difesa appassionata, strenua e
serrata dei diritti fondamentali del feto, riconosciuto nel suo statuto di
soggetto ontologicamente umano fin dal suo esordio sulla scena del mondo,
contro tutti i potenti della terra, genitori in primis! L'esperienza psichico-aurorale
come descritta da Joaquìn Grau ci parla già di un'anima che preesiste alla sua
esperienza di “fare anima”
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